Ogni insieme di diritti nasce da un conflitto che si crea quando qualcuno compie o vuole compiere qualcosa che ha delle conseguenze su altre persone, con il favore di alcune di queste e l’opposizione di altre. Con o senza una lotta, si giunge ad un accordo o a un compromesso con il quale si definiscono i rispettivi diritti. Quello che voglio evidenziare in modo particolare è che la soluzione è essenzialmente la trasformazione del conflitto da un problema politico a una transazione economica. Una transazione economica è un problema politico risolto. L’economia ha conquistato il titolo di regina delle scienze sociali scegliendo come suo dominio quello dei problemi politici risolti. (Abba P. Lerner, 1972, The Economics and Politics of Consumer Sovereignty)

Nel lungo periodo, se non saremo davvero tutti morti, saremo ancora nel breve periodo. (Abba P. Lerner, 1962, Own Rates and the Liquidity Trap)

Affinché il sistema capitalista funzioni efficacemente i prezzi devono sostenere i profitti. (Hyman P. Minsky, 1986, Stabilizing an Unstable Economy)

Res tantum valet quantum vendi potest. (cfr. Karl Pribram, 1983, A History of Economic Reasoning)

L'unico rimedio per la disoccupazione è avere una banca centrale sotto il controllo pubblico. (cfr. John Maynard Keynes, 1936, The General Theory of Employment, Interest and Money)

We have this endearing tendency in economics to reinvent the wheel. (Anthony P. Thirlwall, 2013, Economic Growth in an Open Developing Economy, p.33)

Amicus Plato, sed magis amica veritas.


N.B. Nel blog i link sono indicati in rosso: questo è un link.

martedì 9 ottobre 2012

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I PIIGS condotti al macello





Rob Parentau

Leading PIIGS to slaughter

2 marzo 2010
Pubblicazione disponibile qui: I parte e II parte.


I PIIGS condotti al macello

[ Traduzione di Giorgio D.M. ]


La questione della sostenibilità dei conti pubblici [fiscal sustainability] appare oggi di grande importanza - non solo nelle nazioni periferiche della zona euro [Portogallo, Irlanda, Italia, Grecia e Spagna. PIIGS] ma anche nel Regno Unito, negli Stati Uniti e in Giappone.
Si propongono politiche fiscali più restrittive al fine di evitare un rapido aumento dei rapporti tra il debito pubblico e il Prodotto Interno Lordo (PIL) e le difficoltà finanziarie che questi possono comportare, inclusa la possibilità di una inadempienza [default] per le nazioni prive di monete sovrane [sovereign currencies].

Tuttavia, la massima parte dell’analisi e della contrattazione sulle politiche fiscali che è appropriato adottare a questo punto si svolge in una specie di vuoto.
L’approccio dei saldi finanziari settoriali rivela che questo modo di procedere può introdurre nuove instabilità. I cambiamenti desiderati per il saldo finanziario di un settore possono essere ottenuti solo se anche gli altri settori si possono aggiustare nel modo corrispondente. E’ probabile che la ricerca della sostenibilità dei conti pubblici lungo le linee che vengono attualmente proposte incrementi la possibilità di una destabilizzazione dei settori privati interni sia nella zona euro che altrove - a meno che nello stesso tempo non si riesca ad ottenere un incremento dei saldi delle partite correnti che la compensi.

Per rendere più chiara la interconnessione dei saldi finanziari di ciascun settore, le politiche fiscali proposte devono essere considerate nel contesto di quella che chiamiamo la mappa dei saldi finanziari [financial balances map].
Solo così possono essere rese evidenti le scelte che devono essere compiute tra gli sforzi diretti ad assicurare la sostenibilità dei conti pubblici e il problema di assicurare la sostenibilità finanziaria dell’economia nel suo complesso.
In assenza di questa considerazione delle interrelazioni esistenti tra i saldi finanziari dei diversi settori, possono essere presto compiute delle scelte inutilmente dannose a detrimento dei cittadini e delle imprese di molte nazioni.


La navigazione nella mappa dei saldi finanziari

Per l’economia nel suo complesso, in ogni periodo contabile, il reddito totale derivante dalla produzione di beni finiti e servizi deve essere pari alla spesa totale per i prodotti finiti e i servizi. Ci sono, dopotutto, due parti in ogni transazione: la persona che spende il denaro e quella che lo riceve come suo reddito. In modo simile, il risparmio totale sul reddito percepito deve essere pari agli investimenti totali in capitale fisico in ogni periodo contabile.

Non è necessario che queste eguaglianze siano soddisfatte per i singoli settori dell’economia. Il saldo finanziario di ciascun settore può essere positivo [surplus o avanzo], negativo [deficit o disavanzo], o nullo [pareggio]. L’unico requisito è che, indipendentemente dal numero dei settori nei quali si scompone l’intera economia, la somma dei saldi finanziari di tutti i settori deve essere pari a zero.

Per esempio se dividiamo l’economia in tre settori - il settore privato interno (famiglie e imprese), il settore pubblico e il settore estero, allora la seguente identità deve essere soddisfatta:

Saldo finanziario del settore privato interno + Saldo finanziario del settore pubblico + Saldo finanziario del settore estero = 0

Si noti che è impossibile che tutti e tre i settori conseguano un risparmio netto - cioè che siano tutti e tre in surplus - nello stesso tempo. Tutti e tre i settori possono essere in pareggio, con un saldo finanziario nullo, ma non possono tutti ottenere un saldo finanziario positivo e accumulare attività finanziarie nello stesso tempo - qualche settore deve emettere delle passività finanziarie.

Dal momento che il settore estero consegue un surplus quando le esportazioni che vende al paese considerato sono maggiori delle importazioni che acquista da esso, l’ultimo termine può essere sostituito dal saldo delle partite correnti [current account balance] del paese considerato cambiato di segno.
Questo rivela il fondamento della strategia neo-mercantilista dei paesi asiatici. Se un avanzo delle partite correnti può essere mantenuto nel tempo allora sia il settore privato che quello pubblico possono conservare un saldo finanziario positivo. Il carico dei debiti interni, siano essi pubblici o privati, non deve aumentare nel tempo e gravare sui bilanci delle famiglie, delle imprese o del governo.

Saldo finanziario del settore privato interno + Saldo finanziario del settore pubblico - Saldo delle partite correnti = 0

Di nuovo, si tenga in mente che questa è una identità contabile, non una teoria. Se è errata allora anche cinque secoli di contabilità tenuta con il metodo della partita doppia devono essere stati in errore.
Per rendere ancora più chiare queste relazioni tra i diversi settori, possiamo rappresentare graficamente questa identità contabile nella mappa dei saldi finanziari dei tre settori come segue.


Sull’asse verticale indichiamo il saldo finanziario del settore pubblico [fiscal balance] e sull’asse orizzontale indichiamo il saldo delle partite correnti [current account balance]. Se rigiriamo l’identità che lega i saldi finanziari dei tre settori nel modo seguente:

Saldo finanziario del settore privato interno = Saldo delle partite correnti - Saldo finanziario del settore pubblico

possiamo introdurre nella mappa anche il saldo finanziario del settore privato.
Questo significa che in ogni punto sulla mappa in cui il saldo delle partite correnti è pari al saldo finanziario del settore pubblico, noi sappiamo che il saldo finanziario del settore privato interno deve essere nullo. In altre parole, il reddito delle famiglie e delle imprese è esattamente pari alle loro spese (o alternativamente, se si preferisce, il risparmio del settore privato sul suo reddito è pari alla sua spesa per investimenti).
La linea tratteggiata che passa per l’origine ed è inclinata a 45° individua le possibili combinazioni [del saldo finanziario del settore pubblico e del saldo delle partite correnti] per le quali il settore privato interno non emette passività finanziarie nette [debiti netti] verso gli altri settori né accumula attività finanziarie nette [crediti netti] dagli altri settori.

Una volta individuate queste combinazioni per le quali il settore privato interno è in pareggio, abbiamo anche determinato due distinte zone della mappa dei saldi finanziari dei tre settori.
A sinistra della linea tratteggiata il saldo delle partite correnti è minore del saldo del settore pubblico: il settore privato interno sta spendendo in deficit [cioè la sua spesa è maggiore del suo reddito]. A destra della linea tratteggiata il saldo delle partite correnti è maggiore del saldo finanziario del settore pubblico e il settore privato interno sta conseguendo un avanzo finanziario ovvero sta accumulando risparmi netti.

Questa è una conseguenza del riconoscimento del fatto che un avanzo delle partite correnti comporta un flusso finanziario netto verso il settore privato interno (dato che il reddito derivante dalle esportazioni è maggiore della spesa per importazioni del settore privato interno) mentre un avanzo del settore pubblico comporta un deflusso finanziario netto per il settore privato interno (dato che le imposte pagate dal settore privato interno sono maggiori della spesa pubblica che il settore privato interno riceve [come reddito]).

Di conseguenza più ci muoviamo verso l’alto e verso sinistra rispetto all’origine (verso l’angolo di nord-ovest della mappa) e maggiore è la spesa in deficit delle famiglie e delle imprese in rapporto al PIL, e più velocemente il settore privato interno sta riducendo l’ammontare [stock] delle attività finanziarie nette che detiene.
Questo generalmente comporta per il settore privato interno un incremento del rapporto tra il suo debito privato e il suo reddito, o una diminuzione del rapporto tra la sua ricchezza netta e il suo reddito (in assenza di una bolla delle attività [asset bubble] che aumenterebbe la valutazione delle attività detenute dal settore privato).
Muovendosi dall’origine verso l’angolo di sud-est si hanno avanzi finanziari sempre più ampi per il settore privato interno: famiglie e imprese possono incrementare le attività finanziarie nette che detengono.

La mappa dei saldi finanziari settoriali ci costringe a riconoscere il fatto che cambiamenti nel saldo finanziario di un settore non possono essere considerati isolatamente, come avviene oggi. Se una nazione desidera ottenere un avanzo finanziario persistente per il settore pubblico e così ridurre il debito pubblico ripagandolo, allora è necessario che essa ottenga un avanzo ancora maggiore delle partite correnti o altrimenti il settore privato interno rimarrà intrappolato in una condizione persistente di spesa in deficit.

Quando mantenuta nel tempo, questa condizione di flussi di cassa netti negativi per il settore privato interno alla fine incrementerà la fragilità finanziaria dell’economia, se non assicurerà la proliferazione dei fallimenti delle famiglie e delle imprese.
Imitando la logica dello stratega militare per il quale “dobbiamo bombardare il villaggio per salvare il villaggio”, la ricerca cieca della sostenibilità dei conti pubblici può semplicemente causare una maggiore instabilità finanziaria nel settore privato. La sostenibilità dei conti pubblici potrebbe alla fine dimostrarsi destabilizzante per l’economia..


I PIIGS condotti (per ora) inconsapevolmente verso il macello

Le regole della zona euro sono state definite in modo tale da ridurre lo spazio di manovra politico di ciascun paese membro e quindi per imporre che i mercati privati agiscano come meccanismo di aggiustamento primario.
Ogni nazione è soggetta a un’unica politica monetaria definita dalla Banca Centrale Europea. Un unico tasso di interesse deve soddisfare le necessità di tutti i paesi membri della zona euro. Ciascuna nazione ha abbandonato la sua moneta a favore dell’euro. Un unico tasso di cambio deve soddisfare le necessità di tutti i paesi membri della zona euro. Anche il deficit pubblico degli stati membri, sotto le previsioni del Patto di stabilità e crescita, deve essere al massimo pari al 3% del PIL.
Il principio è quello di stabilizzare o ridurre il rapporto tra il debito pubblico e il PIL. Assumendo che le economie nella zona euro abbiamo il potenziale per una crescita annuale pari al 3% del PIL in termini reali e che l’inflazione sia mantenuta al 2%, è probabile che un tasso di crescita nominale del 5% all’anno sia ottenuto nel medio termine.
Partendo da un rapporto tra il debito pubblico e il PIL in termini nominali pari al 60%, che è anche il limite proposto per il debito pubblico, un deficit pubblico pari al 3% del PIL nominale, combinato con una tendenza a una crescita del 5% del PIL nominale, stabilizzerà il rapporto tra il debito pubblico e il PIL nominale a questo limite del 60% (3% / 5% = 60%, e il rapporto medio tra il debito pubblico e il PIL nominale tenderà nel tempo ad avvicinarsi a questa soglia).

In altre parole, per aderire all’Unione Monetaria Europea le nazioni hanno sostanzialmente ridotto la loro autonomia politica. I meccanismi di mercato devono compiere la maggior parte dei necessari aggiustamenti - le misure politiche sono state circoscritte.
Le possibili risposte politiche sono state vincolate deliberatamente, mentre l’esperienza suggerisce che l’aggiustamento dei prezzi relativi nel mercato nel migliore dei casi difficilmente può automaticamente produrre quel livello degli investimenti privati coerente con il livello del risparmio desiderato dal settore privato che può consentire di avvicinarsi al livello del reddito corrispondente al pieno impiego.
Questa è una ricetta per ottenere una crescita minore del normale, se non la stagnazione, e rappresenta un grande ostacolo se la crescita è abbattuta da una crisi finanziaria mondiale, ad esempio.

Aggiungiamo ora su questa struttura tre recenti sviluppi che costituiscono altrettante complicazioni.
In primo luogo i saldi delle partite correnti sono crollati per diverse nazioni periferiche, in parte a causa della precedente forza dell’euro.
In secondo luogo, trucchi nei conti pubblici e una recessione mondiale molto grave hanno condotto a deficit pubblici molto ampi in diverse nazioni periferiche.
In terzo luogo, a seguito della ristrutturazione dei debiti decisa al Dubai World, gli investitori mondiali sono diventati sempre più preoccupati della sostenibilità dei conti pubblici e c’è una pressione crescente sui governi affinché si impegnino ad attuare piani consistenti di riduzione dei deficit pubblici nel corso dei prossimi tre anni, con l’Irlanda e la Grecia che si trovano ad affrontare la prima ondata di richieste di una riduzione della spesa pubblica.

Possiamo applicare l’approccio dei saldi finanziari per spiegare l’attuale condizione di difficoltà.
Se, per esempio, ci si aspetta che la Spagna riduca il suo deficit pubblico da circa il 10% del PIL al 3% nell’arco di tre anni allora i settori estero e privato interno devono insieme volere ed essere in grado di ridurre i propri saldi finanziari del 7% del PIL. Si stima che la Spagna stia conseguendo un deficit delle partite correnti pari al 4,5% del PIL quest’anno [2010]. Se la Spagna non è in grado di migliorare il saldo delle sue partite correnti (in parte perché ha rinunciato al suo controllo sul suo tasso di cambio nominale il giorno in cui ha aderito all’euro) allora l’aritmetica dei saldi finanziari settoriali è chiara. Le famiglie e le imprese spagnole devono, di conseguenza, ridurre i loro risparmi netti del 7% del PIL nel corso dei prossimi tre anni. Dato che si stima che le famiglie e le imprese spagnole conseguano oggi dei risparmi netti pari al 5,5% del PIL, il settore privato interno della Spagna deve muoversi verso un deficit pari all’1,5% del PIL, e quindi iniziare un percorso che lo porti a un maggiore indebitamento.

La Spagna già oggi ha uno dei più elevati debiti privati in rapporto al PIL della zona euro. In più in Spagna è scoppiata drammaticamente una delle maggiori bolle immobiliari della zona euro, dalla quale le banche spagnole stanno ancora cercando di uscire (per la massima parte concedendo nuovi prestiti per continuare a mantenere in vita i precedenti prestiti in sofferenza, in quello che appare una specie di schema Ponzi).
E’ estremamente improbabile che le imprese e le famiglie spagnole desidereranno incrementare il loro indebitamento in una condizione caratterizzata da un tasso di disoccupazione superiore al 20%, con la prospettiva di un incremento dell’imposizione fiscale e di una riduzione della spesa pubblica dovuta al tentativo di un risanamento dei conti pubblici [fiscal retrechment].
Più probabilmente le imprese e le famiglie spagnole cercheranno di preservare la loro condizione recente di risparmi netti positivi o di surplus finanziario.

In alternativa, se assumiamo che il settore privato spagnolo cercherà di preservare il suo saldo finanziario positivo stimato pari al 5,5% del PIL, o che forse addirittura tenterà di ottenere un risparmio netto o un saldo finanziario positivo ancora più ampio in modo tale da poter ridurre il suo indebitamento più velocemente allora il saldo delle partite correnti spagnolo dovrà necessariamente aumentare di più del 7% del PIL nei prossimi tre anni [perché le politiche di consolidamento dei conti pubblici possano avere successo].
A meno che non si verifichi una maggiore domanda dei prodotti spagnoli commerciati internazionalmente da parte del resto del mondo (in particolare da parte delle nazioni della zona euro che hanno da lungo tempo delle partite correnti in avanzo come la Germania) o una ondata improvvisa di rapida innovazione dei prodotti da parte degli imprenditori spagnoli, c’è un’altra via attraverso la quale la Spagna può ottenere un così significativo rovesciamento del saldo delle sue partite correnti.

I prezzi e i salari nel settore spagnolo che produce beni che possono essere commerciati internazionalmente dovranno crollare precipitosamente e la produttività del lavoro dovrà aumentare drammaticamente, in modo tale da creare una svalutazione reale per la Spagna abbastanza grande da far sì che i suoi prodotti commerciati internazionalmente conquistino quote di mercato (a spese, dobbiamo notarlo, del resto dei paesi membri della zona euro).
Come si può dimostrare, il riposo [da disoccupazione] che risulta dal consolidamento dei conti pubblici è proprio quello che il dottore ordinerebbe per incrementare la probabilità di portare a termine una così grande deflazione dei salari e dei prezzi in Spagna.
Ma, dobbiamo domandarci, il debito privato spagnolo come potrà continuare ad essere onorato durante questa transizione nella quale i salari percepiti dalle famiglie e i ricavi delle imprese cadranno sotto imposte sempre più elevate o una spesa pubblica sempre minore?


La Spagna presa nella trappola dell’euro

Come è evidente dalla mappa dei saldi finanziari, c’è tutto un insieme di possibili combinazioni del saldo delle partite correnti e del saldo finanziario del settore privato interno che potrebbero essere coerenti con una riduzione del deficit pubblico pari al 7% del PIL.
Ma la semplice eppure ancora ampiamente ignorata realtà è la seguente: il settore pubblico e il settore privato interno non possono ridurre contemporaneamente i propri debiti a meno che la Spagna non riesca a conseguire un surplus  quasi inconcepibile dal commercio internazionale - inconcepibile specialmente perché la Spagna non sarà l’unica nazione in Europa a cercare di portare a compimento questa transizione.

Come esercizio certamente approssimativo possiamo assumere che ciascuna delle nazioni periferiche della zona euro sarà costretta a raggiungere un deficit pubblico non superiore al 3% del PIL nel corso di tre anni. In più assumeremo che ciascuna nazione trovi il modo di incrementare il proprio saldo delle partite correnti del 2% del PIL nello stesso intervallo di tempo.
Qual è allora il limite superiore del saldo finanziario del settore privato interno in rapporto al PIL che questo implica per ciascuna nazione?


La Grecia e il Portogallo appaiono massimamente a rischio di affrontare un più profondo indebitamento del settore privato in questo scenario, mentre la Spagna è molto vicina a raggiungerli.
Questo però oscura un altro punto che è opportuno evidenziare. Con l’eccezione dell’Italia, questo scenario implica un declino del saldo finanziario del settore privato interno in rapporto al PIL che va dal 3% in Portogallo a circa il 10% in Irlanda.

Gli attori del settore privato tendono ad accettare volontariamente saldi finanziari minori solo nel mezzo di una bolla delle attività, quando ad esempio i prezzi delle case esplodono e i tassi di risparmio individuale diminuiscono. O alternativamente, quando sono i profitti ad esplodere, le imprese si indebitano e investono molto di più dei profitti non distribuiti per avvantaggiarsi di uno scarto non usuale tra il costo del capitale preso a prestito e il ritorno atteso sul capitale investito.
Noi non abbiamo oggi alcuna ragione per credere che una di queste due condizioni sia immediatamente all’orizzonte.
Se i settori privati interni degli stati periferici della zona euro cercheranno di mantenersi abbastanza vicini ai loro attuali surplus finanziari allora o i saldi delle partite correnti dovranno migliorare ancora più drammaticamente o la crescita dei redditi nominali rallenterà, se non cadrà nella deflazione.

La conclusione esposta sopra a proposito della necessità di un sostanziale incremento del saldo delle partite correnti per le nazioni che ricercano un consolidamento fiscale segue direttamente dall’approccio dei saldi finanziari settoriali, e tuttavia è chiaramente ampiamente ignorata, perché la questione del consolidamento fiscale viene discussa come se non avesse alcuna influenza sui saldi finanziari degli altri settori.
Questo è semplicemente privo di senso. E’ ancora più retrogrado dei racconti primitivi sui “deficit gemelli” (è quasi garantito che un deficit pubblico produca un deficit delle partite correnti che lo compensi) o la storia della “equivalenza ricardiana” (è quasi garantito che un deficit pubblico produca un surplus del settore privato interno che lo compensi) che gli economisti più accreditati [mainstream] ci hanno costretto a subire negli ultimi trent’anni. Entrambe queste storie rivelano una comprensione incompleta della struttura dei saldi finanziari settoriali - o al meglio una che richiede assunzioni estremamente restrittive (e perciò estremamente irrealistiche).


Il triangolo dell’euro

Questa osservazione è rilevante soprattutto nella zona euro, dal momento che la combinazione dei vincoli alla politica economica incorporati nell’Unione Monetaria Europea e della debole posizione commerciale raggiunta da molte nazioni periferiche ha letteralmente costretto questi paesi in un angolo.
Per illustrare la natura del loro problema si consideri la seguente applicazione della mappa dei saldi finanziari settoriali.

In primo luogo, un vincolo sul deficit pubblico pari al 3% del PIL può essere rappresentato come una linea parallela all’asse orizzontale e sottostante ad esso. Sotto le regole del Patto di stabilità e crescita, dobbiamo definire tutte le combinazioni dei saldi finanziari dei tre settori nella zona sottostante questa linea come non ammissibili [perché comportano un deficit pubblico maggiore del 3%].
In secondo luogo, dal momento che i deficit delle partite correnti in rapporto al PIL nelle nazioni periferiche della zona euro sono attualmente compresi tra il 2% dell’Irlanda e il 10% del Portogallo, e cambiamenti [svalutazioni] nel tasso di cambio nominale sono esclusi a causa della unione monetaria, possiamo assumere che per il momento [contare su di] un ritorno ad avanzi delle partite correnti sia per questi paesi nel migliore dei casi un po’ eccessivo. Questo elimina le combinazioni dei saldi finanziari dei tre settori comprese nella metà di destra della mappa.


Se le nazioni della periferia della zona euro desiderano evitare un ritorno alla spesa in deficit [indebitamento netto] del settore privato - e realisticamente, per la massima parte degli stati periferici, la questione è se il settore privato può essere indotto ad assumersi più debiti abbastanza in fretta, e se le banche e gli altri creditori vorranno prestare ancora di più al settore privato dopo una serie di bolle immobiliari scoppiate, e nel pieno di una recessione severa che non è ancora terminata - [e quindi anche le combinazioni dei saldi finanziari dei tre settori a sinistra della linea tratteggiata devono essere escluse] allora c’è un triangolo molto piccolo, [il triangolo dell’euro], che individua sulla mappa dei saldi finanziari dei tre settori l’insieme delle soluzioni ammissibili per queste nazioni.

E’ il massimo della follia aspettarsi che le nazioni della periferia della zona euro troveranno la loro via nel triangolo dell’euro, anche sotto i più potenti degli sforzi politici o dei segnali dei prezzi.
Più probabilmente, dato che ridurre i deficit commerciali si dimostrerà probabilmente molto difficile (l’Asia conta ancora su di una crescita guidata dalle esportazioni mentre negli Stati Uniti la crescita della spesa dei consumatori è ancora incerta e, come ricordato prima, la massima parte del commercio della zona euro avviene all’interno della stessa zona euro) le nazioni periferiche della zona euro si troveranno a navigare da qualche parte a nord ovest del triangolo dell’euro.
Più intenso sarà il consolidamento fiscale in questi paesi e più velocemente i loro settori privati interni tenderanno ad incrementare i loro rapporti tra debiti e redditi.

In alternativa, se le famiglie e le imprese nelle nazioni periferiche difenderanno ostinatamente le loro attuali posizioni di risparmio netto, il tentativo di consolidamento fiscale sarà frustrato da un calo deflazionistico del PIL nominale.
Allora sorgeranno richieste di intensificare gli incrementi dell’imposizione fiscale e i tagli alla spesa pubblica per raggiungere l’obiettivo di un deficit pubblico pari al massimo al 3% del PIL. Le sofferenze dei debiti del settore privato a loro volta aumenteranno mentre gli incrementi delle imposte e i tagli alla spesa pubblica ridurranno il flusso netto di redditi verso il settore privato. Lo si può chiamare il paradosso dei conti pubblici in ordine.

Come risulta evidente, la ricerca della sostenibilità dei conti pubblici come è attualmente definita con tutta probabilità produrrà l’unico risultato di condurre molte nazioni  verso una ulteriore destabilizzazione del debito del settore privato.
La crescita economica europea si dimostrerà estremamente difficile da ottenere se gli attuali piani per la “sostenibilità” dei conti pubblici verranno applicati nei prossimi tre anni.
Realisticamente, i politici stano cercando di raggiungere una condizione nella regione che produrrà una più elevata incapacità di rimborsare i debiti da parte dei settori privati nel tentativo, attraverso il consolidamento dei conti pubblici, di ridurre il rischio di una incapacità di rimborsare i debiti da parte dei settori pubblici.
Le banche europee, che rimangono tra le banche con la più elevata leva finanziaria, sperimenteranno perdite sempre più elevate sui debiti concessi, e il peggioramento della valutazione della affidabilità [rating downgrade] delle banche sostituirà (o più probabilmente accompagnerà) il peggioramento della valutazione dell’affidabilità dei debiti pubblici.
Una versione onestamente miope della sostenibilità dei conti pubblici verrà acquistata al prezzo di una più ampia instabilità finanziaria che coinvolgerà anche i debiti privati.


Sommario e conclusioni

La natura di queste scelte è oggi nascosta perché il saldo finanziario del settore pubblico è trattato come se fosse isolato.
Le scelte implicite devono essere forzatamente esposte apertamente e attentamente considerate sia dai politici che dagli investitori.
Non è affatto fuori questione che la virtù finanziaria del settore pubblico in questa condizione possa avviare i settori privati di un insieme di nazioni verso un percorso di deflazione da debiti - proprio il risultato che i politici hanno freneticamente cercato di prevenire solo un anno fa.

[...] soluzioni più innovative ed efficaci dell’approccio della svalutazione fiscale devono essere considerate. Deve essere considerata anche la stabilità finanziaria, non solo la sostenibilità dei conti pubblici. Ma soluzioni di questo tipo non verranno neppure portate alla luce a meno che i politici e gli investitori non incomincino a riflettere in modo coerente su come i saldi finanziari dei diversi settori interagiscono.

Se, per metterla più schiettamente, le nazioni della zona euro cercheranno di ritornare a un deficit pubblico del 3% entro il 2012, come molte di esse ora si impegnano a fare, e se l’euro non si deprezzerà abbastanza o qualche altra misura non riuscirà a produrre un’ampia inversione dell’andamento delle partite correnti, allora o a) i settori privati interni di molte nazioni dovranno adottare una traiettoria di spesa in deficit, o b) i redditi nominali dei settori privati dovranno diminuire, e il paradosso di Irving Fisher si renderà applicabile (cioè proprio il tentativo di ripagare il debito condurrà a un maggiore indebitamento) ostacolando la capacità dei politici di raggiungere gli obiettivi che si sono posti per il bilancio pubblico.
Nel caso della Spagna (o, vicino alla zona euro, del Regno Unito), che presenta un elevato rapporto tra debito privato e reddito, questa è una questione particolarmente critica.
Inoltre, dato che la zona euro nel suo complesso ha mostrato una tendenza ad avere un surplus delle partite correnti calante (fino a tempi recenti), la caduta dei redditi nominali nelle nazioni periferiche, o un miglioramento dei loro saldi delle partire correnti, tenderanno ad avvenire a spese della crescita nelle nazioni che hanno un surplus delle partite correnti.
Questo introduce un possibile vettore di contagio in particolare verso la Germania, un vettore che va al di là della esposizione delle banche tedesche ai debiti pubblici o privati delle nazioni periferiche.
Non è chiaro se i politici tedeschi abbiano pienamente considerato questi possibili effetti di ritorno che potrebbero condurre ad altri più ampi.
Ironicamente, l’equilibrio finanziario dei conti pubblici tedeschi potrebbe essere minato se questi effetti si dovessero dimostrare abbastanza forti da incidere sulla crescita del reddito in Germania.

Il principio sottostante scaturisce dall’approccio dei saldi finanziari settoriali: il settore privato interno e il settore pubblico non possono entrambi ridurre contemporaneamente i loro debiti a meno che non possa essere ottenuto e sostenuto nel tempo un avanzo commerciale. Tuttavia il mondo nel suo complesso non può avere un avanzo commerciale.
In un modo più specifico rispetto all’attuale situazione, rimaniamo fortemente impegnati ad identificare quali nazioni o regioni del resto del mondo siano pronte a diventare in modo consistente maggiori importatrici nette dei prodotti europei che possono essere commerciati internazionalmente.
Le nazioni che attualmente hanno ampi avanzi commerciali considerano questi surplus come ottenuti a fatica e ben meritati guadagni. E’ improbabile che rinuncino a quote del mercato globale senza combattere, in particolare perché hanno adottato strategie di crescita basate sulle esportazioni.
Tuttavia si dice anche che la necessità sia la madre di tutte le invenzioni (e la disperazione, è il padre?) così forse le nazioni con deficit delle partite correnti troveranno il modo di ottenere quelle innovazioni di prodotto o quegli incrementi di produttività del lavoro che possono condurre a una crescita del mercato per i loro prodotti commerciabili internazionalmente.
Nel frattempo, per la salvezza dei cittadini delle nazioni nella periferia della zona euro che si trovano ad affrontare il consolidamento dei conti pubblici, preghiamo che ci sia vita su Marte e che i marziani consumino solo olive, vino rosso e la birra Guinness.

[FINE]


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