Ogni insieme di diritti nasce da un conflitto che si crea quando qualcuno compie o vuole compiere qualcosa che ha delle conseguenze su altre persone, con il favore di alcune di queste e l’opposizione di altre. Con o senza una lotta, si giunge ad un accordo o a un compromesso con il quale si definiscono i rispettivi diritti. Quello che voglio evidenziare in modo particolare è che la soluzione è essenzialmente la trasformazione del conflitto da un problema politico a una transazione economica. Una transazione economica è un problema politico risolto. L’economia ha conquistato il titolo di regina delle scienze sociali scegliendo come suo dominio quello dei problemi politici risolti. (Abba P. Lerner, 1972, The Economics and Politics of Consumer Sovereignty)

Nel lungo periodo, se non saremo davvero tutti morti, saremo ancora nel breve periodo. (Abba P. Lerner, 1962, Own Rates and the Liquidity Trap)

Affinché il sistema capitalista funzioni efficacemente i prezzi devono sostenere i profitti. (Hyman P. Minsky, 1986, Stabilizing an Unstable Economy)

Res tantum valet quantum vendi potest. (cfr. Karl Pribram, 1983, A History of Economic Reasoning)

L'unico rimedio per la disoccupazione è avere una banca centrale sotto il controllo pubblico. (cfr. John Maynard Keynes, 1936, The General Theory of Employment, Interest and Money)

We have this endearing tendency in economics to reinvent the wheel. (Anthony P. Thirlwall, 2013, Economic Growth in an Open Developing Economy, p.33)

Amicus Plato, sed magis amica veritas.


N.B. Nel blog i link sono indicati in rosso: questo è un link.

giovedì 24 aprile 2014

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Miti dell’austerità




Paul Krugman

Myths of Austerity

The New York Times, 1 luglio 2010.
Pubblicazione disponibile qui.



Miti dell’austerità

[ Traduzione di Giorgio D.M. * ]



Quando ero giovane e ingenuo pensavo che le persone importanti prendessero le decisioni considerando attentamente le alternative disponibili.
Ora sono più esperto.
La maggior parte delle convinzioni delle Persone Serie [Serious People] si basa su pregiudizi, non sul ragionamento.
E questi pregiudizi sono soggetti a mode e ad entusiasmi passeggeri.

Questo mi conduce all’argomento di questo articolo.
Negli ultimi mesi, io ed altri abbiamo assistito, con meraviglia e orrore, all’emergere di un consenso nel mondo politico a favore di una immediata austerità fiscale.
E’ cioè divenuta opinione comune che adesso sia il momento di tagliare la spesa pubblica, nonostante il fatto che le maggiori economie del mondo siano ancora profondamente depresse.


Questa opinione comune non si basa né sull’evidenza dei fatti né su di una analisi attenta di essi.
Si basa invece su quella che potremmo caritatevolmente chiamare pura speculazione, e meno caritatevolmente il frutto delle fantasie delle elite politiche - e specificatamente di quella che io chiamo la fede negli invisibili guardiani del debito pubblico [invisible bond vigilantes] e nella fata della fiducia [confidence fairy]. 

I guardiani del debito pubblico sono gli investitori che staccano la spina ai governi che percepiscono come incapaci o non desiderosi di rimborsare i loro debiti.
Qui non si discute del fatto che gli Stati possano soffrire delle crisi di fiducia (si veda alla voce Grecia, debito della).
Ma quello che i sostenitori dell’austerità affermano è che (a) i guardiani del debito pubblico stanno per attaccare gli Stati Uniti, e (b) che qualsiasi ulteriore spesa compiuta per stimolare l’economia scatenerà il loro attacco.

Quali motivi abbiamo per credere che tutto questo sia vero?
Sì, gli Stati Uniti hanno dei problemi di bilancio di lungo periodo, ma quello che decidiamo di compiere nei prossimi due anni per stimolare l’economia non ha quasi alcuna incidenza sulla nostra capacità di affrontare questi problemi di lungo periodo.
Come ha recentemente detto Douglas Elmendorff, direttore del Congressional Budget Office, “non c’è alcuna contraddizione intrinseca tra il fornire un ulteriore stimolo all’economia oggi che il tasso di disoccupazione è elevato e molte fabbriche e uffici sono sottoutilizzati, e l’imporre una restrizione fiscale tra alcuni anni, quando la produzione e l’occupazione saranno probabilmente vicine al loro potenziale".

Eppure, ogni pochi mesi ci viene detto che i guardiani del debito pubblico sono arrivati​​, e che dobbiamo imporre l'austerità ora, adesso, subito, per placarli.
Tre mesi fa, un lieve rialzo dei tassi di interesse a lungo termine è stato accolto quasi con isteria: “I timori sul debito pubblico fanno alzare i tassi” è stato il titolo de The Wall Street Journal, sebbene non ci fosse alcuna evidenza di tali timori, e Alan Greenspan ha definito il rialzo un "canarino nella miniera".

Dopo di allora i tassi di interesse a lungo termine sono scesi di nuovo.
Lungi dal fuggire dal debito pubblico degli Stati Uniti, gli investitori evidentemente lo considerano come la loro scommessa più sicura in un'economia in difficoltà.
Eppure i sostenitori dell’austerità ci assicurano ancora che i guardiani del debito pubblico attaccheranno da un giorno all'altro se non tagliamo immediatamente la spesa pubblica.

Non preoccupatevi però: i tagli della spesa pubblica possono fare male, ma la fata della fiducia farà andare via il dolore.
“L’idea che le misure di austerità possano provocare il ristagno dell’economia non è corretta” ha dichiarato Jean-Claude Trichet, il presidente della Banca Centrale Europea, in una recente intervista
Perché?
Perché “le politiche che ispirano fiducia alimenteranno e non danneggeranno la ripresa economica”.

Qual è l’evidenza a sostegno della convinzione che l’austerità sia davvero espansiva per il fatto che essa aumenta la fiducia (che è precisamente la dottrina esposta da Herbert Hoover nel 1932)?
Ci sono stati casi nel passato di tagli della spesa e di incrementi dell’imposizione fiscale seguiti da una crescita economica.
Ma ognuno di quegli esempi si dimostra, ad un esame più attento, un caso nel quale gli effetti negativi dell’austerità sono stati compensati da altri fattori, fattori che non sono probabilmente rilevanti oggi.
Ad esempio, il caso del periodo di austerità-con-crescita-economica dell’Irlanda degli anni ’80 dipese da un drastico passaggio da un deficit ad un avanzo della bilancia commerciale, una strategia che non possono perseguire tutti i paesi nello stesso tempo.

E gli esempi attuali di austerità non sono affatto incoraggianti.
L’Irlanda è stato un bravo soldatino nel corso della crisi, e ha attuato con accanimento tagli selvaggi della spesa pubblica.
La sua ricompensa è stata un crollo dell’economia simile a quello della depressione del ’29 - e i mercati finanziari hanno continuato a trattarla come un paese con un grave rischio di default.
Altri bravi soldatini, la Lettonia e l’Estonia, hanno fatto anche di peggio - e tutte e tre queste nazioni hanno avuto - che lo si creda o no - diminuzioni della produzione e dell’occupazione più gravi di quelle dell’Islanda che fu costretta dall’ampiezza della sua crisi finanziaria ad adottare politiche meno ortodosse.

Dunque, la prossima volta che sentirete delle persone apparentemente serie spiegare la necessità dell’austerità, provate ad analizzare quello che dicono.
Quasi certamente, scoprirete che quello che sembra realismo ostinato si fonda in realtà su delle fantasie, sulla fede nel fatto che invisibili guardiani ci puniranno se ci comportiamo male e che la fata della fiducia ci premierà se ci comportiamo bene.
La politica del mondo reale - quella politica che rovinerà le vite di milioni di famiglie di lavoratori - si sta oggi costruendo su queste basi


[FINE]


* Ho aggiunto i link al testo.


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