Ogni insieme di diritti nasce da un conflitto che si crea quando qualcuno compie o vuole compiere qualcosa che ha delle conseguenze su altre persone, con il favore di alcune di queste e l’opposizione di altre. Con o senza una lotta, si giunge ad un accordo o a un compromesso con il quale si definiscono i rispettivi diritti. Quello che voglio evidenziare in modo particolare è che la soluzione è essenzialmente la trasformazione del conflitto da un problema politico a una transazione economica. Una transazione economica è un problema politico risolto. L’economia ha conquistato il titolo di regina delle scienze sociali scegliendo come suo dominio quello dei problemi politici risolti. (Abba P. Lerner, 1972, The Economics and Politics of Consumer Sovereignty)

Nel lungo periodo, se non saremo davvero tutti morti, saremo ancora nel breve periodo. (Abba P. Lerner, 1962, Own Rates and the Liquidity Trap)

Affinché il sistema capitalista funzioni efficacemente i prezzi devono sostenere i profitti. (Hyman P. Minsky, 1986, Stabilizing an Unstable Economy)

Res tantum valet quantum vendi potest. (cfr. Karl Pribram, 1983, A History of Economic Reasoning)

L'unico rimedio per la disoccupazione è avere una banca centrale sotto il controllo pubblico. (cfr. John Maynard Keynes, 1936, The General Theory of Employment, Interest and Money)

We have this endearing tendency in economics to reinvent the wheel. (Anthony P. Thirlwall, 2013, Economic Growth in an Open Developing Economy, p.33)

Amicus Plato, sed magis amica veritas.


N.B. Nel blog i link sono indicati in rosso: questo è un link.

giovedì 1 maggio 2014

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Lavoratori di tutta Europa, unitevi contro l’euro!




Ambrose Evans-Pritchard

Workers of Europe unite, you've only euro chains to lose

Daily Telegraph, 18 dicembre 2011.
Pubblicazione disponibile qui.



Lavoratori di tutta Europa, unitevi contro l’euro!

[ Traduzione di Giorgio D.M. ]



Quasi il 97 per cento della popolazione dell’Unione Europea è oggi governata da coalizioni di partiti conservatori o di destra, o dai mandarini imposti dall’Unione Europea. Tutto quello che rimane ai socialdemocratici sono l’Austria (8,4 milioni di abitanti), la Danimarca (5,5 milioni) e la Slovenia (2,1 milioni).
L’intero sistema di governo dell’Unione Europea è sotto il controllo della destra, nelle sue varianti del corporativismo renano nel Consiglio e dei seguaci pre-moderni di Hayek nella Banca Centrale Europea.
Sia che si consideri questa ascendenza hegeliana come buona o cattiva, essa ha certamente delle conseguenze profonde.
Infatti, come l'ex primo ministro britannico Margaret Thatcher protestò a Bruges dicendo che "non abbiamo ridotto con successo i confini dello Stato in Gran Bretagna per vederli poi ristabiliti a livello europeo", così la sinistra potrebbe ugualmente protestare che non ha combattuto la lunga e dura lotta per i diritti dei lavoratori nelle democrazie nazionali per vedere poi lo Stato sociale smantellato da Bruxelles e Francoforte.

In Italia, al gauleiter [viceroy] Mario Monti è stato più o meno ordinato di riformare il diritto del lavoro, di spezzare il potere dei sindacati spostando la contrattazione dal livello nazionale a quello della singola impresa e di riscrivere l’Articolo 18 che protegge i lavoratori contro il licenziamento individuale per motivi economici - la questione che ha portato all’uccisione di due riformatori del diritto del lavoro da parte delle Brigate Rosse dopo il 1998.
Non c’è dubbio che l’Italia debba affrontare i suoi sindacati se spera di competere nel mondo ma il mio punto è diverso.
Chi decide su queste questioni? Perché la sinistra italiana dovrebbe ritenere desiderabile che un maggiore potere sia concentrato nelle mani dell’Unione Europea quando questo potere sarà senza dubbio impiegato contro i lavoratori?
La sinistra potrà forse conquistare il governo in Italia ma non ha alcuna possibilità di conquistare il controllo delle leve politiche in Europa nel prossimo futuro, ammesso che abbia la possibilità di farlo.

David Begg, presidente del congresso dei sindacati irlandesi, ha dichiarato che il suo incontro con la Troika (Unione Europea, Banca Centrale Europea e Fondo Monetario Internazionale) che sta oggi ristrutturando l’Irlanda è stata un’esperienza che fa riflettere.
"Il contributo del rappresentante del Fondo Monetario Internazionale è stato molto costruttivo ma i funzionari dell’Unione Europea erano dei fanatici liberisti. E' stato un incontro molto teso, quasi una gara di urla."
"Sarebbe stato meglio se non avessimo mai aderito all'euro."

Le conseguenze di questa ascendenza nelle istituzioni dell'Unione Europea della destra renana - molto diversa dal conservatorismo anglosassone o del "piccolo plotone" di Burke, tra l'altro - sono state evidenti al vertice Merkozy di Bruxelles.
Come Paul Mason della BBC ha spiegato, l'accordo tra la Merkel e Sarkozy "ha messo fuorilegge le politiche fiscali espansive", consacrando nel diritto internazionale il dovere di conseguire disavanzi strutturali vicino allo zero, con vincoli costituzionali all'indebitamento, e sanzioni obbligatorie e commissari per il bilancio per le nazioni che non dovessero rispettare le nuove regole.
I 26 Stati che hanno concordato con questo piano della Merkel [nel Consiglio Europeo del 9 dicembre 2011] si sono privati del diritto di attuare delle politiche keynesiane controcicliche per favorire la crescita economica, e hanno accettato di privarsi di questo diritto per sempre dal momento che è praticamente impossibile abrogare ciò che è stato acquisito nell’ordinamento dell’Unione Europea [“Acquis”].
Personalmente non sono un keynesiano - come non lo sono molti lettori del Daily Telegraph - ma il fatto mi colpisce perché è folle assumere questo impegno.
Per la sinistra è certamente un disastro assoluto: non potrà mai più mettere in pratica la sua politica economica.

I seguaci della Fabian Society hanno sempre temuto che questo risultato fosse incorporato nell’Unione economica e monetaria. 
Essi chiamarono l’euro “l’inganno dei banchieri” [bankers’ ramp] ma in qualche modo i loro avvertimenti si persero nella isteria di massa diffusa nel momento dell’entrata in vigore dell’unione monetaria
Owen Jones ha dichiarato al New Statesman che è sconcertante come i socialisti siano stati così lenti nel riconoscere la minaccia.
"Il trattato proposto dall'Unione Europea [il Fiscal Compact] è probabilmente la più grande catastrofe che si abbatte sulla sinistra europea dalla fine della seconda guerra mondiale.
Ora che è stata incastrata, la sinistra deve davvero ripensare a lungo e profondamente il suo atteggiamento nei confronti dell'Unione Europea, considerandola per come è stata costruita sinora.
Si ritiene ancora che chiunque critichi l'Unione Europea si metta in compagnia dei cospirazionisti dell’UKIP.
E’ paradossale il fatto che il sottolineare la evidente mancanza di democrazia dell'Unione Europea sia considerato di destra."

Ebbene, sì, siamo tutti cospirazionisti oggi. 
E questo non ha davvero nulla a che fare con l’essere di destra o di sinistra.

Inoltre, se si presta attenzione, la rabbia è oggi latente in tutta Europa, tra le fila del Partito socialista francese, nella Linke tedesca, nella italiana Rifondazione, e nel Partito socialista spagnolo.

Si noti lo sfogo della scorsa settimana di Pedro Nuno Santos, vicepresidente socialista dell’Assembleia del Portogallo.
"Abbiamo una bomba atomica che possiamo utilizzare contro i tedeschi e i francesi: questa bomba atomica è semplicemente il fatto che noi non pagheremo. Il debito è la nostra unica arma e dobbiamo usarla per imporre delle condizioni migliori. Dovremmo far tremare le gambe ai banchieri tedeschi".
La sacrosanta settimana lavorativa di 40 ore è stata allungata a 42 ore in Portogallo. 
Manuel Carvalho da Silva, segretario della Confederazione generale dei lavoratori portoghesi, ha detto che il taglio degli stipendi dei lavoratori pubblici, considerando i diversi pacchetti di austerità, raggiungerà il 27 per cento.
Si tratta di una "svalutazione interna" [internal devaluation] di proporzioni epiche.

Molto è stato scritto nelle ultime settimane sulla svolta dell'Europa verso l'estrema destra, sull'ascesa di Geert Wilders in Olanda, o del Fronte Nazionale di Marie Le Pen in Francia, o - molto diverse - sulle camicie nere della Garda Magyar del partito ungherese Jobbik.
Gli echi degli anni Trenta sono forti, e diventeranno ancora più forti quando l'insieme delle politiche monetarie e fiscali restrittive approfondiranno la depressione economica.

Ma c'è un altro paragone di pari risonanza: le elezioni vinte dal Fronte Popolare in Francia, con il sostegno del Partito comunista, nel maggio del 1936, e il rifiuto catartico della politica deflazionista.
Sia che Leon Blum personalmente volesse o no abbandonare il Gold Standard - quel precedente tra le due guerre dell'Unione Europea della disoccupazione - la logica delle sue politiche lo costrinse ad abbandonarlo.
L'ortodossia fu rovesciata.

La questione per la sinistra di oggi è se sia nel suo interesse continuare a difendere quel regime monetario dell’Unione Europea che ha spinto il tasso di disoccupazione giovanile al 49 per cento in Spagna, al 45 per cento in Grecia, al 30 per cento in Portogallo e in Irlanda, al 29 per cento in Italia e al 24 per cento in Francia - ma all’8,9 per cento in quella Germania per la quale l’euro è sottovalutato - e che non offre alcuna via di uscita credibile dalla crisi per l’Europa meridionale.

Compagni di tutta Europa, unitevi agli euroscettici.
Avete solo le vostre catene dell’euro da perdere.


[FINE]



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