Ogni insieme di diritti nasce da un conflitto che si crea quando qualcuno compie o vuole compiere qualcosa che ha delle conseguenze su altre persone, con il favore di alcune di queste e l’opposizione di altre. Con o senza una lotta, si giunge ad un accordo o a un compromesso con il quale si definiscono i rispettivi diritti. Quello che voglio evidenziare in modo particolare è che la soluzione è essenzialmente la trasformazione del conflitto da un problema politico a una transazione economica. Una transazione economica è un problema politico risolto. L’economia ha conquistato il titolo di regina delle scienze sociali scegliendo come suo dominio quello dei problemi politici risolti. (Abba P. Lerner, 1972, The Economics and Politics of Consumer Sovereignty)

Nel lungo periodo, se non saremo davvero tutti morti, saremo ancora nel breve periodo. (Abba P. Lerner, 1962, Own Rates and the Liquidity Trap)

Affinché il sistema capitalista funzioni efficacemente i prezzi devono sostenere i profitti. (Hyman P. Minsky, 1986, Stabilizing an Unstable Economy)

Res tantum valet quantum vendi potest. (cfr. Karl Pribram, 1983, A History of Economic Reasoning)

L'unico rimedio per la disoccupazione è avere una banca centrale sotto il controllo pubblico. (cfr. John Maynard Keynes, 1936, The General Theory of Employment, Interest and Money)

We have this endearing tendency in economics to reinvent the wheel. (Anthony P. Thirlwall, 2013, Economic Growth in an Open Developing Economy, p.33)

Amicus Plato, sed magis amica veritas.


N.B. Nel blog i link sono indicati in rosso: questo è un link.

venerdì 24 maggio 2013

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L’errore di aver dimenticato Hitler




Michael Burda

L'errore di aver dimenticato Hume

Pubblicato il 18 maggio 2012 da lavoce.info qui.


L’errore di aver dimenticato Hitler



Il grande filosofo ed economista scozzese David Hume aveva compreso fin troppo bene come i confini nazionali e le statistiche della bilancia dei pagamenti influenzano e anzi determinano i flussi del commercio internazionale.

L'UNIONE E IL MECCANISMO DI HUME

Laddove esistono confini, gli uffici doganali e le burocrazie statali monitorano continuamente il flusso di beni e attività tra paesi e i surplus o i deficit sono visti dai politici come un motivo di orgoglio o di vergogna.
Hume criticava il mercantilismo, ma era ottimista sul fatto che la struttura del commercio si sarebbe alla fine aggiustata.
Nel 1752 scriveva: “Se una nazione conquista un vantaggio commerciale su un'altra, è molto difficile che quest'ultima recuperi il terreno perduto (...) Ma questi vantaggi sono compensati, in qualche misura, dal basso costo del lavoro nelle nazioni che non hanno un vasto commercio e che non sono ricche di oro e argento.
I produttori perciò trasferiscono le loro sedi, lasciando i paesi e le province che hanno già arricchito, e andando verso altri luoghi, dove sono richiamati dalla modicità dei prezzi dei beni per vivere e del lavoro, finché anche questi nuovi luoghi non si arricchiscono e i produttori sono di nuovo costretti all'esilio per gli stessi motivi.
E, in generale, possiamo osservare che l'alto costo di ogni cosa, dovuto all'abbondanza di denaro, è uno svantaggio che accompagna ogni commercio consolidato, e stabilisce dei limiti ad esso in ogni paese, consentendo agli stati più poveri di battere sul prezzo i più ricchi in tutti i mercati stranieri”.

In linea di principio, il celebrato meccanismo di Hume dovrebbe funzionare all'interno dell'area euro: i paesi che esportano meno di quanto importano dovrebbero perdere euro a favore dei paesi in surplus, a meno che non siano compensati da flussi in entrata di capitali privati.
L'uscita di euro porta a una scarsità di moneta e di credito, a minori prestiti per consumo e investimenti, a un rallentamento delle attività e alla caduta dei prezzi.
Deficit cronici comportano più alti tassi di interesse e il declino del merito del credito sia per i debitori sovrani che privati.
Ma assorbimento interno e prezzi dei beni non commerciabili in calo, alla fine, riportano i salari in linea con la produttività e ristabiliscono la competitività.
Nello stesso modo, i paesi con surplus cronici dovrebbero accumulare euro e le banche nazionali dovrebbero espandere il credito, portando così a una domanda e a un'inflazione maggiori rispetto ai paesi in deficit.

Le intuizioni di Hume sono rilevanti oggi come lo erano 250 anni fa.
La recessione e la concomitante riduzione dei prezzi e salari nei paesi periferici dell'Eurozona sono dolorose, ma sono condizioni necessarie per recuperare la capacità di esportare e tornare così alla crescita e a finanze pubbliche sostenibili: una rigida politica fiscale è necessaria per accelerare il processo.
Irlanda, Spagna e Portogallo hanno già fatto progressi in questo senso.
I livelli dei prezzi relativi devono però scendere ancora nei paesi in deficit perché si possano riequilibrare gli squilibri e possano tornare i capitali privati.
È vera anche l'altra faccia della medaglia: Germania, Olanda e Finlandia devono accettare una buona dose di crescita dei salari e dei redditi nominali, e anche di più alta inflazione.
Con un pizzico di fortuna, è possibile che l'accettino.

Ma il meccanismo di Hume opera con lentezza, soprattutto perché i prezzi hanno bisogno di tempo per aggiustarsi e sono guidati da aspettative difficili da modificare.
Ma opera con lentezza anche perché i difetti nella costruzione dell'Eurozona ostacolano il meccanismo di Hume.
I deficit delle partite correnti non sono un male di per sé, in particolare se aiutano a superare difficoltà di consumo temporanee dovute a un anno particolarmente difficile oppure finanziano le importazioni di beni capitali per rispondere a opportunità produttive.
Tuttavia, dall'inizio della crisi finanziaria, i paesi dell'area euro con deficit cronici hanno sperimentato anche significativi deflussi di capitali e deficit di bilancia dei pagamenti.
Ai tempi del sistema di Bretton Woods, prima del 1971, il Fondo monetario internazionale avrebbe estinto questi fuochi attraverso piani di stabilizzazione fiscale: Gran Bretagna e Italia ne sono stati due esempi memorabili.
Squilibri cronici di bilancia dei pagamenti non erano tollerati perché nessuno si aspettava che un paese sovrano finanziasse in modo permanente i deficit degli altri.

I LIMITI DI UN SISTEMA

Nell’Eurozona non c’è nessuna autorità che regoli gli squilibri fra i diversi paesi sovrani:
- il trattato di Maastricht non prevede esplicitamente interventi come quelli del FMI;
- il Patto di Stabilità e crescita, progettato per prevenire gli squilibri causati dai governi, ha chiaramente fallito il suo compito;
- mentre i flussi di capitale privato in questi paesi si sono prosciugati e si sono anzi trasformati in una fuga di capitali, la BCE ha involontariamente finanziato i deficit nelle bilance dei pagamenti derivanti da questo fenomeno, attraverso il cosiddetto sistema di Target 2. 1
Queste entrate contabili nei bilanci delle banche centrali nazionali sono diventate oggetto di animate discussioni in Germania. 2
Monetizzando in modo passivo gli squilibri intra-europei, la Bce ha “messo Hume in attesa”, rimandando il necessario aggiustamento dei prezzi relativi fra regioni.
Inizialmente sottovalutato dalla maggioranza degli economisti, il problema è ormai troppo grande per essere ignorato.
I surplus della Bundesbank verso la BCE ammontano a più di 700 miliardi di euro, circa il 30 per cento del PIL tedesco.
La Germania è ormai diventata ostaggio dell’Unione monetaria, perché un’uscita unilaterale implicherebbe una nuova banca centrale con equity negativa.

In un mondo senza frontiere nazionali e senza banche centrali nazionali, non possono esserci deficit nelle bilance dei pagamenti – i deficit di conto corrente sono sempre finanziati da capitale privato.
Finché i membri dell’unione monetaria li accettano, cambiamenti di proprietà, anche di rilevante entità, degli asset nazionali all'interno dell'Unione dovrebbero essere perfettamente accettabili e lasciati ai proprietari dei flussi di capitale.

Compito dei governi dovrebbe essere quello di evitare che gli errori delle banche private e degli investitori ricadano sui contribuenti.
E la BCE dovrebbe astenersi dall'immettere liquidità direttamente su un particolare mercato.
Tuttavia, finché i “nazionalisti economici” continuano a prestarvi attenzione, i deficit e i surplus delle bilance dei pagamenti nazionali continueranno ad avere un ruolo nella formulazione delle politiche.
Nel caso di una rottura dell’euro, le entrate contabili derivate da Target2 diventerebbero espliciti attivi e passivi nazionali, aprendo la strada a ulteriori recriminazioni e a un deterioramento delle relazioni economiche e anche politiche.

Alla fine, i fondatori dell’euro hanno commesso un grave errore ignorando il non irrilevante dettaglio che Hume avrebbe certamente colto.
Decidendo di non abolire definitivamente le banche centrali nazionali, la porta sul retro è rimasta socchiusa permettendo agli interessi nazionali di interferire con il normale funzionamento del sistema finanziario e del meccanismo di Hume.
Questa svista, assieme all’incapacità di istituire una Autorità bancaria europea veramente forte, ha lasciato scoperto uno squarcio nell’integrazione monetaria e finanziaria dell’Unione Europea che ci perseguiterà nei mesi e anni a venire.

               
1 Buiter et al 2011.
2 Sinn 2012, Dullien and Schieritz 2012, Tornell and Westermann 2011.


[FINE]

Il corsivo è mio.
 

 

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